I “diritti dell’uomo” e gli articoli dei codici

L’abitudine e la scelta italiana a voler strenuamente identificare nell’uomo l’essere umano, si è riversata anche nella volutamente errata traduzione del titolo della Convention for the protection of human rights and fundamental freedoms, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e approvata a Parigi il 10 dicembre del 1948, successivamente firmata a Roma nel 1950 e ratificata con la legge 4 agosto 1955 n. 848. La commissione che lavorò alla stesura del testo si riunì per la prima volta nel gennaio del 1947. La presidenza fu affidata a Eleanor Roosvelt L’Italia non partecipò all’assise, perché entrò a far parte dell’Assemblea il 14 dicembre 1955.

La necessità di esprimersi chiaramente in relazione all’uguaglianza fra gli uomini e le donne fu un tema dibattuto, soprattutto da parte delle delegate sudamericane. Minerva Bernardino, nella seduta del 9 ottobre 1948 interviene dicendo che si deve proclamare, nella maniera più chiara possibile, l’uguaglianza fra gli uomini e le donne. La presidente Roosvelt la rassicurò: The words “all human beings” had been used in article 1 precisely in order that bath men and women might be included».

Nell’intestazione e nell’articolo 1 si utilizzarono i termini “human being”, “essere umano”, e “human rights”, “diritti umani”.

Una fatica sprecata. Nella ratifica italiana di quel protocollo (vedi alla sezione documenti e alla sezione GLI HUMAN RIGHTS IN ITALIA DIVENTANO DIRITTI DELL’UOMO) i diritti umani sono diventati ‘diritti dell’uomo’. Noi proponiamo la modificazione dei diritti dell’uomo’ in ‘diritti umani’.

Qui ora si chiede un po’ di pazienza perché si tratta di elencare numeri di articoli dei codici, e per chiarezza e completezza di informazione è necessario citarli uno per uno.

  • L’analisi e l’approfondimento è partita dal reato di assassinio, che come abbiamo già detto (nella sezione Perché ‘uomo’ e non ‘persona’ nel nostro codice penale?) in Italia si definisce ‘assassinio’. È l’articolo 575 del codice penale: «Chiunque uccide un uomo è punito con…» C’è da dire che l’interpretazione del diritto penale non può essere estensiva. Secondo gli ‘appunti’ (www.docsity.com/it/l-interpretazione-della-norma-penale-appunti-diritto-penale-i/259507) dell’Università La Sapienza: «L’interpretazione letterale è la più indicata per recepire il significato della norma penale perché significa usare le parole del legislatore. «L’interpretazione estensiva ricomprende casi che non rientrano in maniera specifica». Le donne, quindi, non rientrano in maniera ‘specifica’ nel Codice penale. Vi accedono dalla porta di servizio, dalla finestra.
  • Non è un caso che la donna, nei codici, non ha mai una rappresentazione soggettiva. «Invece di presentare le donne come soggetti autonomi o differenziati, non riducibili l’uno alla negazione dell’altro, il linguaggio, come la cultura, danno voce a un solo soggetto, apparentemente neutro e universale, in realtà maschile» (Patrizia Violi, L’infinito Singolare – essedue edizioni). È rappresentata come proprietà dell’uomo (che non può contrarre matrimonio (artt .89 e 140 cc) – maritata (art. 299 cc). Oppure come contenitore di prole (artt. 146, 147, 583 cp (donna incinta o che ha partorito, donna che partorisce) art. 269 cc (La sola dichiarazione della madre […] non costituisce prova della paternità). Scrive Teresa de Lauretis: «È nella teorizzazione di Lévi Strauss che la donna è negata come soggetto e doppiamente: perché definita come veicolo della comunicazione maschile; e perché la sessualità femminile è ridotta alla funzione “naturale” della procreazione».
  • Nel disciplinare l’infanticidio (art. 578 cp), il codice si esprime così: «La madre che cagiona la morte del neonato…» Non c’è alcun motivo per non scrivere esplicitamente che è punibile anche il padre o comunque genericamente il genitore che cagiona la morte dell’infante. L’espressione getta discredito e disvalore esclusivamente sul contegno della donna-madre.

    E dal 2013 le donne sono state private dello ‘stato di gravidanza’. Le aggravanti introdotte nel 2013, (art. 61 c.II quinquies), esse riguardano «L’aver commesso il fatto in presenza o in danno di un minore o di persona in stato di gravidanza».


Gli articoli dei codici, civile, penale del codice di procedura civile e del codice e ‘della strada’, che proponiamo alla correzione (li trovate nella sezionedocumenti Articoli dei Codici Italiani) sono:

Codice Penale: artt. 61 c. II quinquies, 575 c.1, 579 c.1, 584 c.1; 583bis c.5 secondo capoverso, art. 578;

Codice Civile: artt. 820 c.1, 913 c.1, 978 c.1, 1073 c.2;

Codice di procedura civile: art. 51

C’è inoltre il Decreto Legge 285 (il codice della strada) del 30/04/1992, artt. 46 c.1, 48 c.1 lettera a).

Per questa serie di articoli proponiamo la modificazione del sostantivo ‘uomo’ con il sostantivo ‘persona’ tranne che per l’articolo 61 c. II quinquies, riguardante le aggravanti introdotte nel 2013, per il quale proponiamo la modificazione della espressione ‘persona in stato di gravidanza’ con l’espressione ‘donna in stato di gravidanza’; per l’art. 583 bis, c.5, secondo capoverso proponiamo la modificazione delle parole “cittadino italiano o di straniero” con le parole “cittadina italiana o di straniera”. Questo articolo, che è stato introdotto nel Codice nel 2006, riguarda il reato di “mutilazione degli organi genitali femminili”. Ebbene, pur essendo rivolto esclusivamente a una pratica illecita a danno della donna, il legislatore non ha mancato di declinarla al maschile chiamandola ‘cittadino’ e ‘straniero’. Per l’art. 578 cp proponiamo l’espressione: «La madre o il padre che cagionano la morte del neonato o della neonata»

Crediamo anche opportuno modificare con il termine ‘assassinio’ il reato di ‘omicidio’, contenuto nel Codice Penale agli artt. 53 c.1, 575, 579, 580 c.2, 584, 589, 589 bis e 589 ter; nel Codice di Procedura Penale agli artt. 5 c.1 e 380 m quater.

L’art. 51 del Codice di procedura civile, tra l’altro modificato nel 2004, riguarda l’astensione del giudice: «Se egli stesso o la moglie…». Anche qui si dà per scontato che la funzione si ricoperta esclusivamente da uomini. Questo articolo civile è illuminante per comprendere come, le conquiste femminili nel lavoro, possono essere depotenziate da un linguaggio che identifica le donne come ‘mogli’. Questo articolo in particolare sarebbe dovuto essere modificato nella sua scrittura a partire dal 9 febbraio del 1963, quando fu approvata la leggen.66 “Ammissione della donna ai pubblici uffici ed alle professioni”. Questa legge fu promulgata proprio per consentire l’accesso delle donne in magistratura. E questo articolo contrasta quella legge. Che paradosso!

Il linguaggio legislativo, in Italia, contrasta con lo spirito innovativo delle leggi che esso stesso Stato Italiano promulga. Si riverbera nella lingua corrente, si amplifica nei dizionari, si diffonde nella lingua corrente. Si riversa nella mancata considerazione sociale, economica, umana, delle donne.

È interessante notare che con l’introduzione del reato di ‘omicidio stradale’ (art. 589bis del Codice Penale introdotto nel marzo 2016) si scrive: “Chiunque cagiona la morte di una persona etc”. Dunque la nostra proposta di legge sarebbe utile anche a uniformare il tenore di un linguaggio non discriminante di cui anche il legislatore, in tempi recenti, ha tenuto conto.

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